
Controllare con regolarità l’estratto conto contributivo dell’INPS è un’azione fondamentale per ogni lavoratore. Può capitare, però, che durante questa verifica emerga una mancanza nei versamenti contributivi relativi a uno o più periodi di lavoro. La situazione si complica ulteriormente se il datore di lavoro ha cessato l’attività o è fallito e, soprattutto, se sono trascorsi più di cinque anni dall’omissione, periodo oltre il quale i contributi si considerano prescritti. Questo “vuoto contributivo” può compromettere non solo l’importo della pensione futura, ma anche la possibilità di accedere alla pensione stessa. Tuttavia, grazie a uno strumento previsto dalla normativa italiana – la costituzione della rendita vitalizia – è possibile rimediare, anche a distanza di anni.
Le conseguenze delle omissioni contributive
Quando un datore di lavoro omette di versare i contributi previdenziali, il lavoratore subisce una doppia penalizzazione. In primo luogo, l’importo della pensione risulta inferiore, perché viene a mancare una parte del montante contributivo, ovvero la base su cui si calcola l’assegno pensionistico. In secondo luogo, il lavoratore potrebbe non riuscire a raggiungere i requisiti minimi di anzianità contributiva previsti per la pensione, dovendo quindi prolungare l’attività lavorativa. In alcuni casi, la mancanza di contributi potrebbe addirittura precludere l’accesso a determinate prestazioni previdenziali. Per queste ragioni, è fondamentale monitorare la propria posizione contributiva e intervenire tempestivamente in caso di anomalie.
Rendita vitalizia: la soluzione anche per contributi prescritti
Fino a poco tempo fa, la possibilità di sanare i contributi omessi tramite la costituzione di una rendita vitalizia era limitata soprattutto ai casi in cui i termini di prescrizione non erano ancora scaduti. Tuttavia, con l’articolo 30 della Legge n. 203 del 13 dicembre 2024, il legislatore ha introdotto un’importante innovazione: oggi, è possibile per il lavoratore del settore privato richiedere la costituzione della rendita vitalizia anche se i contributi risultano prescritti e anche se l’azienda non esiste più.
Questa norma stabilisce chiaramente che il lavoratore può accollarsi integralmente l’onere economico, presentando domanda all’INPS, al fine di far riconoscere e valorizzare ai fini pensionistici i periodi di lavoro per i quali risultano omissioni contributive, indipendentemente dal tempo trascorso.
Come presentare la domanda all’INPS
Il primo passo per attivare la procedura è presentare una domanda formale alla sede INPS territorialmente competente. Dato che si tratta di una procedura complessa, è consigliabile farsi assistere da un ente di Patronato o da un consulente del lavoro.
Alla domanda devono essere allegate prove documentali precise che dimostrino:
- l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo in questione;
- la durata del rapporto stesso;
- l’ammontare delle retribuzioni percepite, necessarie per il calcolo della contribuzione mancante.
Se l’INPS ritiene le prove sufficienti, procede al calcolo della riserva matematica, cioè dell’onere economico da versare per il riconoscimento dei contributi. L’importo così determinato può essere pagato in un’unica soluzione o, in molti casi, attraverso un piano di rateizzazione.
Quali documenti servono per dimostrare il lavoro svolto?
Per ottenere l’approvazione della domanda, il lavoratore deve dimostrare con documentazione concreta l’esistenza e le caratteristiche del rapporto di lavoro. Tra i documenti più rilevanti vi sono:
- Contratti di lavoro;
- Buste paga;
- Certificazioni Uniche (CU/CUD);
- Lettere di assunzione o licenziamento;
- Estratti conto bancari con accrediti dello stipendio;
- Dichiarazioni dei redditi dell’epoca;
- Eventuali sentenze giudiziarie che riconoscano il rapporto di lavoro;
- Testimonianze scritte di ex colleghi (come supporto, non come prova primaria).
Il recupero di tale documentazione può richiedere uno sforzo significativo, specialmente se l’azienda è ormai chiusa. In questi casi è utile cercare tra vecchi archivi personali o contattare consulenti che seguirono l’attività aziendale all’epoca.
Cos’è la “riserva matematica” e come si calcola
L’importo da versare per la costituzione della rendita vitalizia non coincide con la semplice somma dei contributi omessi. Si tratta invece della riserva matematica, ovvero il capitale necessario affinché l’INPS possa coprire la futura pensione spettante per quei periodi.
Il calcolo, di natura attuariale, è complesso e tiene conto di vari fattori, tra cui:
- età del richiedente al momento della domanda;
- sesso;
- anzianità contributiva già maturata;
- retribuzione media imponibile nei periodi da recuperare;
- durata dei periodi omessi;
- coefficienti di capitalizzazione.
In molti casi, la riserva matematica può avere un costo elevato, motivo per cui è fondamentale richiedere una simulazione dell’onere all’INPS prima di decidere se procedere.
Quali benefici porta la rendita vitalizia sulla pensione?
Il principale vantaggio della costituzione della rendita vitalizia è il riconoscimento formale, ai fini previdenziali, dei periodi di lavoro scoperti da contribuzione. Ciò comporta due benefici fondamentali:
- Incremento dell’anzianità contributiva: i periodi riscattati vengono conteggiati nel calcolo dell’anzianità necessaria per accedere alla pensione, riducendo l’attesa per il pensionamento.
- Aumento dell’importo della pensione: nel sistema contributivo o misto, l’integrazione dei contributi aumenta il montante individuale su cui si calcola la pensione. Nel sistema retributivo, concorre a incrementare la quota retributiva spettante.
In sintesi, la rendita vitalizia consente al lavoratore di recuperare i propri diritti previdenziali anche quando tutte le altre vie (come le azioni legali verso l’ex datore di lavoro) sono ormai precluse.
Conclusione
La nuova normativa ha ampliato in modo significativo i diritti dei lavoratori rispetto alla possibilità di recuperare i contributi previdenziali omessi, anche se prescritti. La costituzione di rendita vitalizia rappresenta uno strumento prezioso per salvaguardare la propria pensione, a condizione di poter documentare adeguatamente i periodi lavorativi in questione e di sostenere i costi richiesti dall’INPS. Si tratta di un’opportunità concreta per “riscattare” gli errori del passato e garantire maggiore sicurezza per il proprio futuro previdenziale.